E’ stata appena approvata la riforma della Giustizia. Si conferma la volontà di digitalizzare il processo, ma bisogna recuperare una visione d’insieme che ponga nuovi obiettivi. Correggendo le attuali macchinosità. Primo passo: sostituire la Pec con un sistema di repository
A inizio agosto è stata approvata definitivamente una riforma della Giustizia che impatta anche (e di nuovo) sul processo telematico. E’ la conversione in legge del Decreto Legge n. 83/2015 (Legge n. 132/2015), pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 20/8/2015, che introduce diverse modifiche al Decreto Legge emanato lo scorso giugno di cui si è molto discusso in quest’ultimo periodo.
Semplificando al massimo le fonti normative che oggi regolano e reggono il processo telematico le ritroviamo:
1) Nelle fonti primarie: Codice dell’Amministrazione Digitale, Codice di Procedura Civile, Legge n. 53/1994 e Decreto Legge n. 179/2012 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 221/2012;
2) Nel Decreto Ministeriale n. 44/2011;
3) Nelle specifiche tecniche del responsabile dei sistemi informativi del Ministero della Giustizia (DGSIA) di cui all’ultimo Provvedimento del 16 aprile 2014.
Ed è proprio sul D.L. n. 179/2012 e sulla L. n. 53/1994 che negli ultimi anni abbiamo riscontrato la maggior parte delle modifiche tra cui quella del DL n. 83/2015 e della relativa legge di conversione.
Dal 2012 si sono susseguiti nelle modifiche delle norme primarie: il D.L. n. 90/2014 convertito, con modificazioni dalla L. n. 114/2014; il D.L. n. 132/2012 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 162/2014 e, infine, il D.L. 83/2015 sopra citato convertito, con modificazioni, dalla L. n. 132/2015.
Anche il Decreto Ministeriale n. 44/2011 è stato oggetto di modifiche: alla fine del 2012 (D.M. n. 209/2012) e nuovamente nel 2013 (D.M. n. 48/2013).
Da una lettura sistematica delle modifiche normative al processo telematico appare innegabile la volontà del Governo di proseguire nell’informatizzazione della Giustizia, seppur con una legislazione di urgenza volta il più delle volte a porre rimedio a delle problematiche causate dall’approccio tradizionale con cui si affronta l’informatica nel processo.
Ed infatti (e fino ad oggi non si poteva fare altrimenti) si è pensato di realizzare un processo telematico che riproducesse su bit quanto fino a quel momento si era fatto sulla carta, con l’inevitabile conseguenza che ci si ritrovi, in questa fase transitoria, in uno stato di confusione e di provvisorietà. Si assiste, peraltro, ad una diffusa resistenza al cambiamento da parte di più attori coinvolti nel processo d’innovazione, pur nella consapevolezza, da parte dei più, dei vantaggi che i nuovi strumenti sono in grado di offrire. Tra quelli di immediata percezione segnalo:
· L’avvocato, il consulente tecnico, il curatore, l’ausiliario del Giudice, il personale di cui si avvale l’amministrazione per stare in giudizio personalmente, etc., depositano e ricevono sulla loro PEC ogni atto e provvedimento senza muoversi dal proprio ufficio e possono consultare i propri fascicoli on line;
· L’avvocato può notificare la maggior parte degli atti e i provvedimenti a mezzo PEC senza necessità di recarsi dall’Ufficiale Giudiziario;
· L’avvocato può estrarre autonomamente dal fascicolo informatico duplicati e copie informatiche di atti e provvedimenti (al momento quelli che non richiedono l’apposizione della formula esecutiva);
· La parte può consultare il proprio fascicolo processuale on line se dotata di uno strumento di identificazione digitale come, ad esempio, la Carta Nazionale dei Servizi che molte regioni e province hanno già attivato in tal senso;
· L’avvocato e la parte possono pagare le spese di giustizia online con carta di credito (o conto corrette dedicato);
· Il Giudice può redigere un decreto ingiuntivo in pochi minuti, tramite un clic della propria Consolle, ritrovandosi già redatto il decreto medesimo sulla base dei dati che il software reperisce dal ricorso introduttivo depositato dall’avvocato.