Diminuisce i costi, è flessibile e accessibile ovunque: è la rete internet e può offrire anche servizi per l’utilizzazione di software (SaaS), lo sfruttamento di piattaforme (PaaS) e lo sviluppo di infrastrutture (IaaS) sia in modalità pubblica che privata, in due parole è il cloud computing.
Tramite il cloud, “nuvola” in italiano, possiamo quindi gestire on line applicazioni e attività nonché memorizzare i dati on line anziché sul PC con l’indubbio vantaggio di potervi accedere in ogni luogo tramite una connessione internet.
I termini però non devono confondere: anche se la “nuvola” ci appare come a una sorta di gigantesco etere nel cielo, altro non è che uno spazio fisico (i dati e servizi dipendono sempre da un server) lontano dalla nostra casa, azienda o ufficio e gestito tramite la rete web.
Nelle discussioni sul cloud, gli scettici e i meno informati tendono a ridurre la questione in termini di minor sicurezza del cloud rispetto al classico server fisico ubicato all’interno dell’azienda o dell’ufficio.
In realtà, quando si parla di cloud, ragionare esclusivamente in termini di sicurezza non è corretto.
Ci sono altre questioni da tenere in considerazione, mentre la sicurezza dei dati allocati sul server, che sia ubicato nella nostra azienda o altrove, risponde sempre a ben definiti criteri di policy e protocolli di emergenza che possono essere assicurati a prescindere dall’esternalizzazione del servizio.
Ormai la maggior parte di noi si trova ad utilizzare il cloud in azienda, per lavoro o nel privato: lo utilizziamo quando consultiamo la posta elettronica via web oppure sfruttiamo software direttamente via internet o, ancora, quando salviamo i nostri file su spazi virtuali che ne permettono anche la condivisione.
Il problema è che il cloud viene utilizzato nella maggior parte dei casi senza la consapevolezza di quali siano le conseguenze di questo utilizzo e questo può significare solo una cosa: che così non potrà mai essere ritenuto affidabile dall’utente meno informato (o meno informatico) e ciò a prescindere dagli sforzi che sta facendo l’Europa, insieme a diversi fornitori cloud importanti, per assicurare qualche minima garanzia in materia (si veda in proposito la campagna Trusted Cloud Europe che si pone come obiettivi la diffusione di una cultura del cloud basata su regole europee finalizzate alla massima diffusione delle best practices in ambito contrattuale/normativo, tecnico e operativo).
L’approccio al sistema non cambia nemmeno quando si decide di trasferire sul cloud l’intero pacchetto dati professionale o aziendale e ciò è dimostrato dall’elevato numero di fornitori di servizi cloud che fanno stipulare ai propri clienti contratti basati su formulari essenzialmente poco adattabili al caso specifico.
Tuttavia, la promozione di un utilizzo consapevole del cloud ha enormi benefici sull’intero sistema e oggi più che mai, prima di affidare dati o servizi al cloud, si devono tenere in considerazione almeno i seguenti fattori: localizzazione dei server cloud, livelli garantiti di servizio (SLA), proprietà dei dati e dei contenuti, responsabilità del fornitore del servizio e, infine, cosa accade nel momento in cui non si vuole più usufruire di quel fornitore o semplicemente quest’ultimo non è più in grado di offrire il servizio.